Rione Castellone Formia

La storia di Castellone non può non unirsi a quella, affascinante e misteriosa, delle vicende terrene di un Vescovo cristiano giunto da Antiochia, Erasmo, che subì un feroce martirio per ‘eviscerazione’ nel 303 d.C. nei locali del Teatro.

La sua storia (La ‘Passio S. Erasmi’) è stata scritta, tra il 1078 ed il 1088, da un monaco benedettino dell’abbazia di Montecassino, nato a Gaeta, divenuto papa col nome di Gelasio II. Dopo sette giorni di evangelizzazione del territorio formiano, il Vescovo fu imprigionato dai sicari di Massimiliano e Diocleziano e torturato fino alla morte.

Fondamentali i ritrovamenti archeologici nel sottosuolo della chiesa ex-cattedrale di S. Erasmo, che hanno permesso di convalidare molti momenti del racconto gelasiano e della tradizione, con l’unica eccezione dell’errore, commesso dal narratore, del sito del martirio. Non l’Anfiteatro – situato nella parte centrale della città – bensì il Teatro. L’errore per molto tempo si è perpetuato nella toponomastica cittadina che, fino al secondo dopoguerra, ha continuato a considerare ‘Vico Anfiteatro’ quello che era – ed è tutt’oggi, giustamente, ‘Vico del Teatro’. Alla morte del Santo, gli fu data degna sepoltura da parte del Vescovo cristiano di Formia, Probo (anch’egli fatto Santo alla sua morte) e, in seguito alla ‘liberalizzazione’ del culto cristiano con l’editto di Milano del 313 d.C., fu edificata una chiesetta sulla tomba del martire. Successivamente, in epoca paleocristiana, fu costruita una chiesa più grande (ampliata intorno all’anno mille) che divenne Cattedrale della diocesi formiana, fino a quando il clero e le massime cariche cittadine non fuggirono nella vicina e quasi inespugnabile Gaeta per scampare alle invasioni turche e mettere in salvo le reliquie dei Santi. Così facendo, trasportandosi a Gaeta le spoglie del Martire Erasmo (anno 760 d.C.), ebbero inizio, nel contempo, la fioritura della sede vescovile gaetana, la nascita di un fiorente borgo, destinato in seguito a divenire Ducato e a sottomettere i comuni limitrofi, e la decadenza della cattedrale formiana, divenuta intorno all’anno mille abbazia benedettina (ancora potente, in verità) e poi olivetana, fino alla soppressione del monastero dopo secoli di decadenza. La chiesa attuale risale al restauro olivetano del cinquecento e possiede tre navate voltate a crociera, senza transetto. Nei sotterranei, durante i lavori di restauro iniziati nel 1970 e durati circa venti anni, sono stati rinvenuti molti reperti di epoca longobarda e carolingia nonché una vasta area cimiteriale. Il culto del vescovo Erasmo è profondamente radicato nella realtà formiana (e castellonese in particolare) come si evince dalla grande partecipazione popolare che ogni anno, nel pomeriggio del 2 giugno, caratterizza la processione del Santo per le vie del borgo antico e della parte centrale di Formia.

Sulla via Appia, in direzione Itri/Roma, una fonte di epoca romana è in buono stato di conservazione. Appoggiata ad una robusta parete di blocchi calcarei, è lunga circa sette metri e larga uno e mezzo. Possedeva nel retro una cisterna per l’approvvigionamento idrico. L’acqua fuoriusciva da due mascheroni antropomorfi, raffiguranti il sole e la luna. Di uno di essi sono ancora visibili le tracce.

Più lontano, un mausoleo monumentale di età imperiale detto comunemente ‘Tomba di Cicerone’. La vicinanza al sito in cui la tradizione colloca la sontuosa villa che l’oratore abitò frequentemente, le fonti storiche che riferiscono del suo assassinio proprio nei pressi di questa e la grandezza dell’edificio, senz’altro costruito per accogliere le spoglie di un uomo illustre, fanno ragionevolmente presumere che esso sia proprio il monumento funerario dell’arpinate. Sulla collina vicina, un sepolcro più piccolo è, dalla tradizione, ritenuto la tomba della figlia Tulliola. Però, mentre si sa con certezza che le spoglie di Cicerone non giacciono a Formia, bensì a Roma, è noto che le spoglie della figlia si trovano effettivamente nel mausoleo a lei dedicato. La zona in cui si trova il Mausoleo di Tulliola prende il nome di Acerbara con riferimento proprio alla ragazza (acerbam in quanto morì molto giovane e ara per indicare il luogo effettivo).

Nella parte centrale di Formia, a diretto contatto con il mare o nel sottosuolo, sono testimonianze dei fasti dell’antichità, i resti monumentali di criptoportici, botteghe e magazzini di sontuose ville patrizie (sotto l’attuale Villa comunale, sotto la centralissima Piazza della Vittoria, nei pressi del nuovo porto e nella zona del Porticciolo Romano, detto anche Porticciolo Caposele, dal nome della villa limitrofa, probabile Villa di Cicerone – il ‘Formianum’ – divenuta poi proprietà dei Principi di Caposele e, da ultimo, della famiglia Rubino).